Tutti a tavola

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Avete mai pensato che sommando solitudini vengono fuori compagnie?

Immaginatevi all’interno di una scena di un film di Ferzan Ozpetek.

Non proprio una scena qualunque. La scena in cui i vari personaggi, in ogni suo film, si ritrovano intorno a una tavola a mangiare e a bere ma soprattutto a guardarsi negli occhi.

Seduti a pranzo l’uno accanto all’altro, con gli occhi costretti al confronto, i personaggi finiscono per affrontare la verità. Come se la condivisione del pasto imponesse loro una vicinanza più “onesta” di quello stare insieme meramente spaziale che simulano con le loro ipocrisie.

Vedendo e rivedendo quelle scene, quel tavolo, quella cucina e quella casa ho immaginato di creare la stessa idea con i ragazzi della uildm, insieme ai ragazzi del servizio civile e ai ragazzi che sono rimasti affezionati dopo l’esperienza fatta con noi, ma in fondo è rivolto a tutti coloro che credono che la vita se è condivisa è una vita migliore.

Ho cercato di creare degli spazi e inserito all’interno vite da raccontare e da creare. Sembra banale quello che sto dicendo, potrebbe sembrare una casa famiglia, un centro diurno. No. Ciò che abbiamo iniziato a fare è nato a causa dell’emergenza Covid, non avendo uno spazio grande ma più spazi piccoli ci siamo divisi e abbiamo usufruito anche di una casa di un nostro ragazzo con disabilità che ha aperto le porte a questa idea di stare insieme.

Condividiamo spazi socializzando insieme rispettando le distanze e usando la mascherina.

Abbiamo sperimentato soprattutto all’interno della casa di un nostro ragazzo l’autonomia e la convivenza (in alcuni momenti della giornata) tra più personalità con ognuno le proprie difficoltà.

Abbiamo affrontato un percorso di autonomia per alcuni ragazzi che mai fino ad ora avevano provato, come il cucinare, le pulizie di casa, fare il bucato, fare giardinaggio a tante altre cose che ognuno di noi pensa di saper fare quotidianamente.

Ciò che rende questa cosa meravigliosa è il fatto che in questo sistema non ci sono solo ragazzi con disabilità, ma anche altre persone con nessuna difficoltà in tal senso ma con un problema magari da risolvere, con una ansia da smaltire, con un qualcosa da raccontare e da voler condividere con gli altri ragazzi. Una grande famiglia che si ritrova a tavola e discute di come sta andando la vita di ogni componente che voglia far parte di quella speciale famiglia. Una famiglia aperta dove ognuno si spoglie delle proprie paure sentendosi libero di essere se stesso. A tavola, più che di ogni altro ambiente, non esistono differenze ma tante diversità e un unico pensiero comune, l’abbattimento di qualsiasi barriera culturale.

Questo cerchiamo di farlo in ogni spazio condiviso, ovvio che risulta più facile in un ambiente caldo come una vera e propria casa mentre negli altri spazi diamo più agio alle attività da svolgere sempre cercando di creare un gruppo di lavoro in cui oltre al risultato professionale scappa una risata che ha il sapore di felicità.

Ecco perché vedo questa idea progettuale come una scena di un film di Ozpetek, in quelle meravigliose case aperte dove si affrontano realmente i problemi individuali condividendoli con altri, per affrontare una società basata sull’egoismo che fa prevalere eccessivamente e abitualmente gli interessi individuali e personali su quelli collettivi. Portato all’estremo, questo comportamento può giungere all’egocentrismo, cioè alla tendenza di porre sé stessi al centro di tutto ciò che accade, rendendo quasi nulla la considerazione altrui e degli altrui punti di vista.

E’ un “dopo di noi” meglio se chiamato un “durante di noi”, affrontare oggi quel che è già domani.

Ritratto di admin_pisa

admin_pisa